Val di Fassa 2018 alle spalle...quest'anno una toccata e fuga, considerando gli 8 giorni, e conseguentemente tutte le tappe, che ho fatto nel 2017.
Alloggiavo ad 1 km da dove mi trovavo l'anno scorso, con tanto di gradevole salita per arrivarci: sistemazione ottima e personale gentilissimo. 4 giorni intensi.
Arrivo alle 14.45 del giovedi 28 giugno, bramosa di tornare alle gare competitive correndo il Tappone, 800 mt di dislivello da Alba di Canazei al Ciampac, quota 2300. E devo dire che, pur venendo dal livello del mare, concludo la tappa piu' che bene, 59'51, 7 km. E ricomincio a bramare i podi e i premi che ormai apparivano come un miraggio...A fine gara, ovviamente, gita per sentieri.
Il giorno successivo sara' per me entusiasmante: era dall'anno scorso, infatti, che desideravo correre la Red Bull 400, gara estrema con 150 mt di dislivello in una distanza brevissima e una pendenza media del 78%: assurdo... La gara consiste nella scalata del trampolino olimpionico di Predazzo.
Arrivo in loco 6 ore prima, dovendo correre alle 14.15, ed incomincio subito con la mia ispezione: sulla superficie del trampolino olimpico era stata inserita una rete per aggrapparsi, e il pezzo finale appariva decisamente duro, da correre in rigorosa quadrupedia.
Dopo aver intervistato una bella schiera di partecipanti, mi scaldo con 25 minuti di corsa lenta, tecnica e allunghi sulla ciclabile e mi appresto a partire: erano 29 gradi.
Riesco a correre in piedi per circa 150 mt, dopodiche' non vedo altra soluzione che correre a quattrozampe.
Mi tengo sulla sinistra ma noto che al bordo la rete non vi era, cosi' stringo i denti confidando in polpacci, dorsali e addominali.
Vedo solo il pavimento e tengo sguardo fisso a terra...sento le voci che invitano a non mollare...alzo lo sguardo un attimo e vedo che la prima parte, la "gobba", sta terminando. Mi alzo in piedi e inizio ad arrampicarmi per i 100 mt piu' ripidi della mia vita. Molte concorrenti mollano e mi fermo due volte. Sento la gente che invita a non mollare e sul finale mi alzo in piedi e termino la mia gara in 7'41. Mi siedo per un paio di minuti a contemplare il panorama e a godermi quell'attimo di gioia e gratificazione: Si', amo far fatica. Mi fa stare bene.
Tanto stavo bene da rientare a piedi da Predazzo fino a Pozza camminando per la mia ciclabile preferita, a me ben nota, avendo corso diverse edizioni della Marcialonga Running. Tutto questo malgrado la puntura di un calabrone che l'adrenalina aveva reso silente (me ne accorgero' 4 giorni dopo).
La mattina dopo sarei stata di nuovo su quella ciclabile, direzione Canazei, per l'ultimo collinare prima del rientro.
La montagna fa bene. Una sosta in mezzo alla natura, con gli occhi puntati verso le statue dolomitiche, rigenera e fa risorgere.
Ora sono al mare e nei miei occhi e' ancora viva la contemplazione per quelle che per me sono le prime meraviglie del mondo.
Ma il prossimo week end sara' ancora bellissimo: dapprima perche' tornero' a Roma e testero' un'altra volta le salite di Villa Borghese, e poi perche' tornero' in Irpinia, a San Martino Valle Caudina, paese in cui non sono mai stata, invitata per una manifestazione sportiva.
Mi mancava la montagna, ma mi manca anche una terra impregnata di ospitalita' e tradizioni. Mi manca il contatto umano e so che a breve potro' ritrovarlo, in una terra che mi è ancora nel cuore.
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