Confesso che, ultimamente, pur essendo in estate e avendo meno lavoro, ho ben poco tempo libero, e le giornate scivolano via in un batter d'occhio, al punto che ci ritroviamo già alle porte di agosto. Ho poco tempo perchè, mai come ora, sento il desiderio di dedicare tempo a me stessa e alle mie passioni: montagna, allenamento in pista e in collina, per me e per gli allievi, e programmazione.
Forse, però, in questi anni, ho dedicato poco tempo ad Anna.
Per carattere tendo, infatti, ad avere un controllo eccessivo su ogni cosa che faccio. Mi creo una programmazione fatta di schemi anche quando non si dovrebbe e, forse, settimane fa, ho vissuto un evento spiacevole che mi ha fatto capire che, almeno in vacanza, il lavoro o i pensieri per esso vadano messi da parte. Tanto sono abituata a programmare e dare un rigore ad ogni cosa che faccio, al punto che tutto ciò mi dà sicurezza.
Eppure, e questo è un dato di fatto, sto tornando a stare bene come non accadeva da anni e, solo adesso, mi sto rendendo conto di cosa mi stia levando di dosso. Quella sensazione di tiroide impazzita che decideva in maniera improvvisa se dovessi essere stanca oppure no...a volte decideva persino sul mio umore. Gli occhi con leggero esoftalmo che ben notavo guardandomi allo specchio e poi, ancora, ipersensibilità al calore e generale fatica a svolgere l'attività che più amo: correre; per non parlare dell'alzarsi al mattino. Mi mancavo, tanto.
E poi...i ritmi di corsa. Abituata ai miei, mi sentivo avvilita a vedere i miei tempi, ad esempio, sui mille, così peggiorati: avevo perso interesse nel correre le gare e usavo perennemente scarpe A3, in ogni condizione mi trovassi. E mi stupiva la non comprensione da parte di chi mi era attorno. Vivevo a Roma e cercavo di comunicare un bisogno di aiuto, ma la mia richiesta non sempre veniva compresa, ad esclusione dei miei amici storici Marco ed Elisa, che mi hanno sempre aiutato.
Tutt'ora trovo difficile comprensione verso chi critica, spesso anche solo tramite una tastiera, parla alle spalle od offende, senza provare a comprendere lo stato d'animo dell'altro, appurando la causa che si cela dietro un manifesto disagio sociale. Penso che prima si debba provare a conoscere.
Penso di aver lasciato a chi mi ha frequentato in questi ultimi 4 anni una pessima immagine di me: persona insofferente, ipersensibile, manifestamente fragile. Eppure ricordo di aver dato molto di me a chi reputavo meritasse la mia fiducia...anche se vi è stato chi non si è proprio dimostrato all'altezza di essa, ma non vado oltre.
E l'altra sera ho avuto un flash: mi sono rivista le immagini dello stadio delle terme di Caracalla illuminato, alla sera...mi sono rivista incamminarmi verso la metro Circo Massimo, ho rivisto piazzale Flaminio e la mia camminata in direzione valle Giulia, zona Parioli. Mi sono rivista attendere un nuovo giorno, nella speranza fosse migliore, e sorridere al mattino nella mia corsa al Pincio. E mi sono accorta che, in fondo, in quella città non ero mai sola: ero come gli altri, tanti altri "soli". I "soli", però, possono fare luce. E le luci della città, i suoi suoni, i suoi colori, mi hanno sempre fatto compagnia e tutt'ora mi mancano. Tutt'ora che sto coltivando altri progetti, in altri luoghi. Eppure, qualcosa è rimasto in me...qualcosa di quel passato.
E così sono ritornata ad allenarmi con le scarpe leggere; riesco a fare un collinare a settimana e ogni mattina mi alzo serena e con voglia di fare. Ho due progetti che sto portando avanti e mi porto dentro le esperienze di vita degli scorsi anni.
E sto provando a superare gli ostacoli, giorno per giorno, alzandoli ogni volta. Ma non solo perchè vorrei fare gare a tema, ma anche perchè, in fondo, ogni ostacolo rappresenta una delusione, una sofferenza, un rancore. E ho problemi da risolvere, uno in particolare, e sto mettendomi nell'ottica di riuscirci. Sono convinta che la volontà possa spingere il fisico a distanze inimmaginabili.Io, dal mio canto, ne sto mettendo veramente tanta.
Conosco la meta, ed è già un buon passo per combattere una paura.
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