Anna Giunchi Blog Personale


mercoledì 27 ottobre 2021

Tutto accadde il 19/09/2021...



Sto frugando nella memoria, che mi riporta a oltre un mese fa...

Stavo correndo un 6x400 in pista, a ritmo tranquillo, al seguito di una settimana di scarico dopo la bellissima esperienza nei 400hs a Rieti. Mi fermo, appagata dal lavoro svolto, e sento una fitta in corrispondenza del collaterale laterale, zona tibiale anteriore. Non riesco a camminare e, prontamente soccorsa con ghiaccio e sedia a rotelle dal presidente della Asd Atletica Cervia, rimango in ufficio, per poi tornare a casa con la mia auto, che egli era andato a prendermi da casa, facendomi da autista. Il pronto soccorso non evidenzierà qualunque frattura dalla lastra, e la dottoressa mi suggerirà pomata e riposo. Beh, non si è risolto in poco tempo, perchè c'era di mezzo una distorsione di secondo grado.

Il resto è ben noto a chi mi è stato vicino, e oggi, dopo due allenamenti di “accertamento”giorni fa, posso dire di poter riprendere tranquillamente a correre. Oggi la risonanza accerterà lo stato del mio ginocchio. E' originato il tutto da una infiammazione della bandelletta ileo tibiale? Quasi sicuramente, dovuta ad un carico eccessivo del vasto laterale e del tibiale anteriore.

E' bello uscire di casa, provare i primi appoggi e capire di poter correre, senza rientrare al domicilio subito, non sentendosi sicura.

In questo periodo ho capito molto. Ho pensato molto. Mi sono anche chiusa un po' in me stessa, per prendere decisioni pure importanti. Ho anche pianto.

E ho veramente capito chi mi è stato vicino, chi mi avrebbe potuto dare di più, chi mi ha dato più di sé stesso, chi ci sarà sempre.

Andando per tempo, sono partita per Milano lunedì, tre giorni dopo l'infortunio, e mi son veramente sentita trattata da “Ministra”, con spostamenti in auto e tanta vicinanza empatica. Questa esperienza mi ha fatto conoscere più profondamente delle persone speciali. C'è stato chi, seppur lontano, mi ha contattato per chiedermi lo stato di salute…beh, sarà sempre il mio allenatore. C'è stato chi, a Roma, mi ha fatto da taxi per condividere insieme una serata, chi mi ha dedicato tante parole di conforto. Certo, esistono condizioni di salute ben peggiori, eppure, chi mi conosce, aveva ben capito le mie difficoltà. Beh, d'altro canto, c'è stato chi con me si è di nuovo inabissato, amalgamato con chi mi ha fatto del male; la stessa persona che, ad uno sporadico mio messaggio, mi liquidava sempre con impegni improvvisi, cene anticipate o parenti. Ha acquisito un apripista verso il percorso della cattiveria. Buon caffè.

E poi, il nuoto. Il nuoto che ho riscoperto e mi ha permesso di "non affogare" nella demotivazione, che in 10 giorni, da 60 vasche, mi ha portato a farne 128. Uno sport che non mi abbandonerà, che mi ha aperto la mente verso ipotetici impegni agonistici futuri, che comporteranno scelte dolorose, soprattutto quando si è sempre vista, per anni, “quella” maglia come una seconda pelle.

E ancora…in questo periodo ho consolidato l'amicizia con le “Pecore nere”, e loro sanno di chi parlo. Compagni di chiacchiere e sfoghi.

A tema, mi sarei aspettata di più da qualcuno, mentre ho ricevuto tantissimo dai miei ragazzini e dalla asd Atletica Cervia. I ragazzini e il Presidente mi hanno aiutato nel realizzare i percorsi di allenamento, mi tenevano le stampelle e le provavano pure; qualcuno ha pure acceso una candela per me. C'è stato anche chi “non sapeva nulla del ginocchio” ma aveva visualizzato tutte le mie foto con le stampelle, e chi forse ha sperato in un infortunio serio. Forse, ma queste faccende mi rendono più forte.

E poi, mia mamma, capace di farsi 120 km per portarmi al lavoro, ma di questo non avrei mai avuto alcun dubbio, perché ha sempre collocato noi figli prima di lei stessa. Ancora spero di poter diventare come lei: dei genitori migliori mai avrei potuto avere. 

Ecco, tutto questo mi è servito a confermare quello che già sapevo. Però mi ha arricchito e reso migliore. Ancora una volta.


venerdì 8 ottobre 2021

La pazienza e l'attesa

Il periodo di infortunio continua: l'impingement motorio sta calando a poco a poco. 

Riesco a flettere il ginocchio con sempre più rapidità, limitando il più possibile i movimenti a rischio. In verità ho ancora qualche timore. Lavoro il doppio per la parte superiore e...mi manca il non arrivare a quella piacevole sensazione di stanchezza. Corro sottosoglia, per meno tempo, su superfici morbide. Inizierò a farlo come piace a me quando sarò sicura del non avere dolore all'arto.

Sto lavorando a Ravenna all'Istituto tecnico per Geometri, mentre al pomeriggio mi dedico ai miei ragazzi di atletica, che stanno aumentando in maniera quasi esponenziale, trascinando di volta in volta i propri compagni di classe. Di questo sono veramente contenta: la potenza del passaparola è veramente incredibile. Poi, che dire...con loro sto proprio bene.

E per le gare da correre (ne ho già saltate tre) io aspetto. Aspetto tassello per tassello le piccole conquiste giornaliere di un fisico che ha voglia di tornare com'era prima, che brama una corsa spensierata, come faceva un mese fa.

Aspettare, in fondo, è un'arte, e so di saperlo fare. Nell'attesa si possono scoprire tante cose che prima erano trascurate; nell'attesa ci si può preparare al Bello che si apre davanti a noi.

Nell'attesa del Desiderato si può studiare per imparare altro, o si può ripassare cio' che si è studiato in passato. Mi piacerebbe tornare a studiare. Non vi è un'età per non farlo.

Anche aspettare qualcuno è bello, perchè ci si prepara per un incontro, perchè si immagina come sarà il reincrociare gli sguardi, il parlarsi. Attendere è dedicare un ulteriore tempo a chi si aspetta, pur senza averlo vicino: lo si immagina.

Ho sempre amato attendere, ancor più che catturare il piacere, pur essendo io un'istintiva pura.

Beh, poi ho sempre amato attendere un viaggio, un premio, una gara, un treno, perchè tutto torna a chi sa aspettare, e il futuro gli apre sempre la porta.




lunedì 4 ottobre 2021

Spettatrice per un giorno

Di solito coltivo sempre un motivo che si nasconde dietro un mio non scrivere per tanti giorni nel blog. 

E non voglio parlare o ipotizzare impegni: se si vuole una cosa, il tempo per essa si trova.

Per la verità, quando sono impossibilitata a fare o a fare in forma restrittiva le cose che amo, tendo a "spegnermi". Vuoi che sia per quel maledetto livello di adrenalina che mi fa stare bene, vuoi che sia per una interruzione di una routine che mi manteneva una sicurezza di fondo.

Che non corro bene e come piace a me sono ormai 20 giorni, e potrebbe apparire un niente. Eppure, e qui non ho da insegnare alcunché a nessuno, quanto di condividere uno stato d'animo, la privazione dalla corsa per me è radice di un profondo turbamento. Non è un bisogno primario, e questo lo so, ma costituisce la serratura per la chiave della mia serenità. E si trascina dietro tanti aspetti del mio carattere: la mia immagine estetica, il mio rapporto con il cibo, l'umore, i miei contatti sociali.

Reduce da una vittoria a Rieti al campionato italiano master dei 400hs, si apriva davanti a me un periodo agonistico gratificante e, magari, pure vincente. Poi...quella sensazione di cedimento al ginocchio a fine allenamento, il ghiaccio, le stampelle, il pronto soccorso, il futuro anteriore e, or come ora, la modalità telepatica di ascolto di ogni rumore articolare. 

E fa effetto percepire tanto affetto, anche di quello che non si dichiara ma si sente, da parte di persone che colgono e capiscono un mio danno fisico e psicologico.

Droga? Dipendenza? Chissà, forse il movimento è diventato un bisogno, per me, fisiologico.

Non ho corso l'Appia Run, ma mi sarebbe piaciuto, e me la sono vista da fuori, al passaggio, dopo una presunta corsa alternata a passo in Caffarella. Mi sono divertita, in un week end romano nel quale avevo coltivato tanti progetti, ma ho trovato ben più piacere nel rivivere le mie amicizie, ormai pezzi di vita, che cerco ogni volta. Mi fanno stare bene.

Si tratta di aspettare, di aspettare ancora, di immaginare il bello di quando tutto sarà come prima. Si tratta di immaginare, di creare pensieri alternativi, di non ancorarsi a vincoli materiali, ma di andare oltre.

Forse il pensiero può correre più delle gambe, ma va allenato.




Anna Giunchi la maratoneta

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