Anna Giunchi Blog Personale


martedì 25 gennaio 2022

La via della guarigione


Diciamo che i miei problemi alla tiroide nacquero per caso.

Da mesi, infatti, mi accorgevo di fare particolarmente fatica ad allenarmi, nonchè di essere del tutto intollerante al caldo.
Le analisi dell'emocromo non rilevavano alcun tipo di problema, al che un medico di Roma, Frank, mi propose di controllare la tiroide. Da lì inizio' la mia vita con il morbo di Basedow.
Il giorno prima dell'esito delle analisi corsi una soffertissima Race for the Cure a Bologna, per poi andare allo stadio nel pomeriggio, con nausea e mal di testa (anche se il Bologna vinse)...
Ricordo bene di quando ritirai le analisi e lo comunicai a Raffaele, che casualmente mi mando' un messaggio al momento in cui ritirai il referto. "Sono ipertiroidea" dissi. E poi, da li', preoccupazioni, studi sull'origine, l'inizio di una cura farmacologica e, due anni dopo, la diagnosi di una tiroidite autoimmune, cronica.
Imparai a convivere con l'etichetta di "soggetto fragile e vulnerabile" e l'epiteto di Basedowiana mi accompagnò in ogni gesto del quotidiano.
Forse mi adagiai anche sul giustificare una mia certa fragilità e instabilità umorale dietro un: "Tanto e' causa della tiroide", senza magari prendermi le mie di colpe ma, per la verità, non ho mai perso la speranza in una completa guarigione.
L' ecografia escludeva noduli, ma mi accorgevo di sentire come una zavorra ancorata alla caviglia il dover seguire una terapia farmacologica.
Riducevo sempre il dosaggio del farmaco prescritto e anche quell'aspetto del mio metabolismo che rappresentava per me una certezza, ovvero la Mia bradicardia, divenne labile. Ricordo che temevo strappi muscolari e dolori tendinei: giudicavo queste ultime strutture come dei ramoscelli. Per non parlare del guardarmi allo specchio e verificare la perdita dei capelli, quasi contandoli o, ancora, che gli occhi, manifesta icona del Basedow, non lasciassero presagire un inizio di esoftalmo.
Insomma, la mia vita era avvolta da questa patologia e ad ogni cambiamento omeostatico del mio corpo percepivo uno scompenso, un malessere. Temevo le conseguenze da vaccini, integratori e cambi di stagione.
Ma, scrivevo prima, non ho mai perso la speranza.
Perché ritenevo che, alla base di una battaglia contro una malattia autoimmune, dovesse esservi la serenità. Quella psicologica, la quiete, insomma.
Vivevo a Roma, e il clima era ottimale...passavo 3/4 delle mie giornate all'aria aperta. Eppure, non ero serena.
Costringevo il mio corpo a continui spostamenti nel weekend tra casa e lavoro, così come vivevo lo stress del non essere pienamente autonoma nel muovermi, nonché di non avere un contesto familiare nel quale potermi rifugiare.
È stato proprio a causa di questi motivi che ho deciso, 3 anni orsono, di ritornare a casa, riaprendomi opportunità lavorative e ritrovando gli affetti "congelati".
E mi accorgevo, giorno dopo giorno, che i miei occhi si aprivano al mattino per cercare subito la luce, che non mi svegliavo più piangendo, ma sorridendo e cantando, con la voglia di vivere e di "buttarmi nella mischia".
Ho sempre vissuto secondo il mio volere, ma da quel momento ho cercato di ascoltarmi più a fondo, chiedendo a me stessa, senza interposta persona, se quello che avessi in quel momento fosse proprio quello che desiderassi.
E, piano piano, IL TSH è tornato a "vivere": da quel terribile <0,000... nel quale ricadevo ogni volta, sono ritornati dei valori quantificabili, rispettivamente, sopra lo 0,...e, successivamente, rientranti nel range di "normalità".
Stamattina, dopo un verdetto analitico del tutto positivo, scrivo di 3 anni e mezzo di vita passati come un battito di ciglia, condizionata da quelle aspettative sociali che ci chiudono dentro valori numerici per giudicarci "normali".
Per la verità, anche prima di soffrire di questa malattia autoimmune, io del tutto "normale" non mi sono mai sentita. Mi sono sempre sentita me stessa, a prescindere dagli standard o status sociali nei quali fossi inserita. E mi rendo conto, alla luce di quello che ho vissuto e sto vivendo, che potrei periodicamente non essere "nella norma", ma rimarrei costantemente "straordinaria" per altri.
In fondo...io non ho mai smesso di crederci.

sabato 22 gennaio 2022

Imprevisti

 


Quanti studi faccio sull’intelligenza umana…

Chissà perché…sarà perché sono psicologa, ma in verità, sono sempre stata attratta da tutto ciò che potesse stare alla base di un meccanismo cerebrale.

Mi chiedo spesso perché mi piaccia così tanto ascoltare le persone, fino a rendere “mio” tutto quello che esse mi donano, raccontandomi i propri vissuti. Beh, innanzitutto pongo alla base un profondo rispetto per chi mi parla, calandomi in un ruolo di ascoltatore attivo, che non giudica ma che piuttosto “digerisce” anche contenuti asincroni rispetto alle proprie ideologie. Ritengo, e lo ho anche detto a qualcuno (ahimè, non mi ha mai capito fino in fondo), che donare la propria fiducia, parlando di sè, non dovrebbe essere un peso, ma un piacere, perché qualcuno ha scelto te come destinatario dei propri doni esperienziali.

Io, ogni volta che qualcuno apre una porta verso di me, ne sono orgogliosa, e potrei pure dispiacermi qualora potesse farlo con qualcun altro. In un mondo sempre più digitale e sempre meno verbale, parlare di sé è un immenso regalo. Così come è un dono ascoltare, se lo si fa con interesse.

Quando due persone si accordano viene sempre fuori un suono armonioso che avvolge anche l’ambiente circostante: si può percepire un moto oscillatorio delle onde di un mare calmo, che acquieta anche i propri ritmi circadiani. Il problema, nella comunicazione, avviene sempre quando vi è una incompatibilità tra chi comunica e chi riceve. L’incomunicabilità è proprio data da questo: vi è, da parte del mittente, volontà a comunicare, mentre il destinatario si chiude all’ascolto. Ben diversa è una difficoltà comunicativa, nel quale due persone comunicano ma la codifica dei messaggi è differente. Io ho sempre cercato di capire questo elemento, quando mi trovo a contatto con le persone: può capitare che qualcuno non voglia proprio ascoltarti. E dispiace.

Alla base di una vicenda che è stato un po’ un fulmine a ciel sereno sulla mia precedente routine, ho maturato l’autoconsapevolezza di avere molte risorse. Mi sono scoperta altruista, disposta al mettermi in secondo piano per un “bene comune”. Ho trovato anche, scavando nel mio profondo, quel po’ di umiltà che mi ha fatto capire che il chiedere aiuto può essere anche un atto di coraggio.

E chi non mi ha mai compreso, chi trapassa il mio sguardo con indifferenza, forse ha perso una occasione per arricchirsi, per ricevere un regalo fatto di valori, e magari di qualche perla profonda maturata nel tempo. Si dà se si riceve.

E la corsa?

Sto continuando a fare controlli per il ginocchio: corro da oltre 15 giorni consecutivi, con nuoto e bici in abbinamento, ma non spingo e mi affido a chi sa leggere le risonanze meglio di me. Ho un “occhio greco” che mi segue nei miei vari iter diagnostici. Esso è un buon auspicio: me lo sono donato.

Ma se corro sono veramente libera. 

Ho imparato nient'altro che questo: accontentarmi; vivere ogni possibilità offerta con l’entusiasmo che si ha nel guardare un’alba o un tramonto: esse ci sono sempre, da quando siamo nati, ma ogni volta ci regalano qualcosa di nuovo.



venerdì 7 gennaio 2022

Roma e l'emblema di un ginocchio


Non so mai se sia un pregio oppure un difetto, l'essere selettivi. Ebbene, io sono molto selettiva. Lo ero fin da piccola: ho una memoria straordinaria per le cose che mi interessano, mentre mi sfuggono dal naso dettagli magari più importanti, ai quali però non attribuisco valore.

E dunque mi ricordo odori, suoni, profumi legati ad episodi, belli o brutti, che mi hanno trasmesso emotività, mentre ...chissà cosa ho dimenticato.

Forse questo è un mio grosso limite, o forse un pregio, alla luce dei miei prospetti per il 2022. 

Beh, tra le mie priorità, mi sono detta, vi è  proprio il tutelare il bello che ho intorno, evitando che un transitorio male esterno, che può pure essere dettato da invidie altrui, possa contaminarlo. Proprio cosi': voglio preservare e tutelare le cose e le persone importanti. Troppe volte trasportiamo il malessere generato da altri contesti su chi non lo merita, e non possiamo sempre invocare una sua comprensione. Penso che prioritario sia il rispetto verso chi ci rispetta.

Ho provato ad ascoltarmi, e mi sono resa conto di stare molto bene da sola: in fondo, con me stessa non mi annoio mai, tra viaggi, sport all'aria aperta, lavoro con i ragazzi, studio, musica e lettura. Eppure mi rendo conto che e' solo chi è in grado di comprendere la mia mente difficile e complessa a potermi permettere di far emergere la parte più spontanea e pura che ho. E so di poter dare molto; so anche di volerlo dare: è umano.

Faccio entrare pochi nel mio mondo, e chi lo conosce ne sa solo una parte. Per la verità, sto talmente bene con me stessa che non sento la necessità di condividerlo.

Sono stata a Roma tre giorni, perché ne sentivo la necessità. È una città che mi ha dato molto e che ogni volta mi trasmette una gran serenità: ho corso, camminato, riflettuto. Sono stata bene, e tornerò a inizio febbraio.

L'"Occhio greco" è beneaugurante, perché protegge dalla negatività e dalle maldicenze. Ne ho portato gli influssi positivi anche qua; mi piacerebbe pensare di poter essere una persona migliore, limando nel tempo difetti dati da mie insicurezze.

E il mio 2022 è iniziato bene, ma parliamo a bassa voce: il ginocchio non fa male da tre giorni e ho ripreso a correre sciolta. Qualcosa è andato per il verso giusto: non guardiamo indietro ma avanti, godendoci gli attimi belli. Ci aspettano e ci corrono incontro.



Anna Giunchi la maratoneta

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