Non ho scritto a caldo nulla sulla mia mancata conclusione della Maratona di Roma. Aspettavo di ascoltare le mie sensazioni...a freddo. Diciamo che l'elemento positivo è stato dato dalla programmazione della settimana di scarico generata dalla vicinanza all'evento, in cui avevo ripreso un buon passo dopo la mezza di Forlì. Questa settimana mi ha consentito di svolgere allenamenti molto positivi in termini di ritmo, con l'obiettivo di portare a casa un'altra bella mezza certificata tra tre giorni.
Cosa fosse successo nella mia testa lo sapevo: convinzione di non aver terminato la gara con le mie aspettative, per cui mi sono ritirata al 16esimo km.
Partita imponendomi un ritmo lento, non sentivo quel passo su misura per me. E davanti ai miei pensieri lineari avevo posto pensieri inversi, quelli di un countdown, legato a quanti km mancassero...perché mi stavo annoiando e non mi sentivo pienamente padrona del mio corpo.
E ho ragionato di logica agonistica, fresca di memoria delle mie 3h02, chiedendomi che senso avesse soffrire per concludere una gara con tempo mediocre.
Avevo sbagliato spirito.
Perché a Roma non si corre unicamente per fare il tempo.
Si corre per ritrovare amici lungo il percorso, per godersi una città transennata solo per noi e per gli altri 29000 atleti. Si corre per aiutare chi non può, per fare una staffetta benefica con la propria squadra. Si corre tanto per fare, cercando di arrivare al traguardo mettendosi al collo una medaglia stupenda.
Che mi serva da lezione, perché io invece volevo correre pretendendo di fare un buon tempo, battagliando con il cronometro, immaginando poi di arrivare fresca al traguardo.
Nulla sarebbe stato possibile. Non avevo i lunghi, non avevo la "testa".
E ho ragionato di logica agonistica, fresca di memoria delle mie 3h02, chiedendomi che senso avesse soffrire per concludere una gara con tempo mediocre.
Avevo sbagliato spirito.
Perché a Roma non si corre unicamente per fare il tempo.
Si corre per ritrovare amici lungo il percorso, per godersi una città transennata solo per noi e per gli altri 29000 atleti. Si corre per aiutare chi non può, per fare una staffetta benefica con la propria squadra. Si corre tanto per fare, cercando di arrivare al traguardo mettendosi al collo una medaglia stupenda.
Che mi serva da lezione, perché io invece volevo correre pretendendo di fare un buon tempo, battagliando con il cronometro, immaginando poi di arrivare fresca al traguardo.
Nulla sarebbe stato possibile. Non avevo i lunghi, non avevo la "testa".
E dunque compio un passo indietro, proseguendo un mio percorso di velocizzazione in mezza maratona, con allenamenti più brevi e più brillanti.
Perché forse non sono ancora pronta per una Maratona, e nel mio processo di ricostruzione devo inserire ancora qualche mattonella.
Beh, non ho concluso nulla nello scorso weekend, ma sento che ho un insegnamento da trarre.
A volte si può prendere una pausa dalla ricerca della propria "perfezione", provando un divertimento fine a se stesso, e non proiettato verso un buon risultato.
La mia severa dolcezza spesso fa a pugni con due concetti divergenti.
Mi ritrovo a tratti in differenti aspetti: ora sto chiedendo, ma so che sono anche in grado di darmi.
Perché forse non sono ancora pronta per una Maratona, e nel mio processo di ricostruzione devo inserire ancora qualche mattonella.
Beh, non ho concluso nulla nello scorso weekend, ma sento che ho un insegnamento da trarre.
A volte si può prendere una pausa dalla ricerca della propria "perfezione", provando un divertimento fine a se stesso, e non proiettato verso un buon risultato.
La mia severa dolcezza spesso fa a pugni con due concetti divergenti.
Mi ritrovo a tratti in differenti aspetti: ora sto chiedendo, ma so che sono anche in grado di darmi.